ANTIRICICLAGGIO: LA LISTA DEI DOCUMENTI DA CONSERVARE
Tra i presidi antiriciclaggio spicca l’obbligo per i professionisti destinatari della normativa di conservare i documenti, i dati e le informazioni utili a prevenire, individuare o accertare eventuali attività di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo nonché a consentire lo svolgimento delle analisi effettuate, nell’ambito delle rispettive attribuzioni, dalla UIF o da altra Autorità competente (art. 31 co. 1 del DLgs. 231/2007). In questo articolo ripercorriamo gli aspetti essenziali da osservare in materia di conservazione dei documenti che formano il fascicolo del cliente.
Il complesso dei documenti da conservare deve rendere possibile la ricostruzione univoca dei seguenti elementi:
– la data di instaurazione del rapporto continuativo o del conferimento dell’incarico;
– i dati identificativi del cliente, del titolare effettivo e dell’esecutore;
– informazioni sullo scopo, sulla natura del rapporto della prestazione;
– data importo e causale dell’operazione;
– mezzi di pagamento utilizzati.
Circa le modalità di conservazione l’art. 32 co. 1 del DLgs. 231/2007 dispone che: “I soggetti obbligati adottano sistemi di conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni idonei a garantire il rispetto delle norme dettate dal codice in materia di protezione dei dati personali (DLgs. 196/2003) nonché il trattamento dei medesimi esclusivamente per le finalità del decreto”.
In maniera specifica le modalità di conservazione adottate devono prevenire qualsiasi perdita dei dati e delle informazioni ed essere idonee a garantire la ricostruzione dell’operatività o attività del cliente nonché l’indicazione esplicita dei soggetti legittimati ad alimentare il sistema di conservazione e accedere ai dati e alle informazioni ivi conservati.
Le modalità di conservazione devono garantire:
– l’accessibilità completa e tempestiva ai dati e alle informazioni da parte delle autorità di cui all’art. 21 co. 4 lett. a);
– la tempestiva acquisizione, da parte del soggetto obbligato, dei documenti, dei dati e delle informazioni, con indicazione della relativa data;
– l’integrità dei dati e delle informazioni e la non alterabilità dei medesimi successivamente alla loro acquisizione;
– la trasparenza, la completezza e la chiarezza dei dati e delle informazioni nonché il mantenimento della storicità dei medesimi (art. 32 co. 2 del DLgs. 231/2007).
L’assolvimento degli obblighi di conservazione può essere attuato:
– con sistemi di natura elettronica che garantiscono l’integrità dei dati e delle informazioni e la non alterabilità dei medesimi successivamente alla loro acquisizione. Tali sistemi guidano l’operatore nell’inserimento dei dati e delle informazioni utili dando la possibilità di storicizzare automaticamente ogni variazione intervenuta e avvisando periodicamente il professionista circa i documenti in scadenza che richiedono interventi di aggiornamento;
– con modalità cartacea che viene ritenuta ammissibile anche con la nuova disciplina posto che la Relazione illustrativa al DLgs. 90/2017 evidenzia l’eliminazione dalla fonte di rango primario di tutti i riferimenti agli obblighi di registrazione con specifiche modalità tecniche “a vantaggio di norme più snelle …”.
In attesa delle regole tecniche che dovranno essere predisposte da parte degli Organismi di autoregolamentazione (ex art. 11 co. 2 del DLgs. 231/2007) e che conterranno le indicazioni operative sulle regole da applicare in materia di documenti, si ritiene utile istruire il fascicolo della clientela con i seguenti documenti come già segnalato nel documento del CNDCEC “Antiriciclaggio (Dlgs. 231/2007): manuale delle procedure per gli studi professionali” del 17.12.2015:
Copia del documento di riconoscimento
Fotocopia codice fiscale
Fotocopia partita IVA
Visura camerale
Verbale Cda di nomina
Scheda di valutazione del rischio
Eventuale ulteriore documentazione richiesta dal professionista per l’individuazione del titolare effettivo
Documentazione in base alla quale si è verificata la possibilità di applicare obblighi semplificati o rafforzati di adeguata verifica della clientela
Eventuale attestazione per l’esecuzione dell’obbligo di adeguata verifica da parte di terzi
Copia del mandato professionale
Dichiarazione da parte del cliente:
– sul titolare effettivo dell’operazione;
– sullo scopo e sulla natura dell’attività o dell’operazione per la quale è richiesta la prestazione professionale;
– sui mezzi economici e finanziari per attuare l’operazione o instaurare l’attività.
Scheda per l’adeguata verifica della clientela
Valutazione del rischio
Scheda per il controllo periodico sul rispetto delle limitazioni all’utilizzo del denaro contante
Documenti delle prestazioni professionali svolte
Documentazione relativa alla cessazione della prestazione professionale o dell’operazione
Ogni altro documento o annotazione che il professionista ritenga opportuno conservare ai fini della normativa antiriciclaggio
I documenti, i dati e le informazioni acquisiti devono essere conservati per un periodo di 10 anni dalla cessazione del rapporto continuativo, della prestazione professionale o dall’esecuzione dell’operazione occasionale.
ANTIRICICLAGGIO: ECCO LE FAQ DEL MINISTERO
Il Dipartimento del Tesoro ha pubblicato (http://www.dt.mef.gov.it)) le risposte alle richieste di chiarimento pervenute dopo le recenti modifiche alla disciplina antiriciclaggio in vigore dal 4 luglio 2017 a seguito del D.lgs. 90/2017. I limiti all’uso del denaro contante, la figura del titolare effettivo e le procedure da attivare per ottenere i chiarimenti in materia rappresentano gli aspetti più significativi che affrontiamo nel merito nel presente articolo.
Rispetto alla procedura da attivare per ottenere chiarimenti in ordine alla corretta interpretazione o applicazione della normativa antiriciclaggio l’ente competente è la Direzione V del Dipartimento del Tesoro che fornisce, in via istituzionale, interpretazioni della normativa vigente, attraverso atti ufficiali, (circolari interpretative o faq pubblicate nella sezione del sito internet istituzionale). Tale Direzione, anche al fine di fornire un supporto ai destinatari della normativa, potrà fornire risposte a quesiti inoltrati per il tramite di associazioni, ordini, collegi o altri enti esponenziali. I quesiti aventi ad oggetto richieste di consulenza su questioni strettamente operative o attinenti alla liceità e correttezza di attività o relazioni tra privati verranno inoltrati alle autorità di vigilanza di settore per le eventuali valutazioni di competenza. Nei termini di cui sopra, le richieste di chiarimenti possono essere trasmesse esclusivamente utilizzando la casella di posta elettronica dt.antiriciclaggio@dt.tesoro.it.
Per quanto attiene all’adeguata verifica semplificata, in presenza di un basso rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, i soggetti obbligati possono applicare misure semplificate sotto il profilo dell’estensione e della frequenza degli adempimenti previsti per l’identificazione e la verifica dell’identità del cliente e per il controllo costante sul rapporto continuativo o sulla prestazione professionale erogata al cliente. Il MEF non fornisce specifiche indicazioni operative al riguardo, precisando come le misure semplificate non siano predeterminabili a priori e che, tenendo presente il principio di approccio basato sul rischio, spetta ai soggetti obbligati sia la valutazione del rischio che la conseguente “modulazione dell’estensione delle verifiche, della valutazione e dei controlli della propria clientela, in misura proporzionata, in concreto, alla dimensione, alla complessità organizzativa e alla natura dell’attività”.
La figura del titolare effettivo riguarda l’identificazione di un soggetto di diritto giuridicamente e patrimonialmente distinto dalle persone fisiche che agiscono tramite esso. E’ una questione che non si pone evidentemente per le società di persone laddove vi è una sovrapposizione sostanziale e giuridica della proprietà legale ed effettiva, attesa l’imputabilità degli effetti degli atti, posti in essere attraverso il veicolo societario, in capo al legale rappresentante. Per le società di persone e, più in generale, per i soggetti privi di personalità giuridica, in sostanza, il cliente è una persona fisica rispetto a cui, eventualmente, potrebbe porsi un problema di interposizione fittizia, la cui individuazione, impossibile da ricostruire attraverso criteri legali, dovrebbe emergere dal corretto adempimento degli obblighi di adeguata verifica del cliente.
Per quanto concerne il divieto di trasferire denaro contante e titoli al portatore in euro o in valuta estera, sono stati forniti i seguenti chiarimenti:
1. Per “soggetti diversi” rispetto ai quali è vietato il trasferimento di denaro contante o titoli al portatore il riferimento è a entità giuridiche distinte (per es. trasferimenti intercorsi tra due società, o tra il socio e la società di cui questi fa parte, o tra società controllata e società controllante, o tra legale rappresentante e socio o tra due società aventi lo stesso amministratore, o ancora tra una ditta individuale ed una società nelle quali le figure del titolare e del rappresentante legale coincidono, per acquisti o vendite, per prestazioni di servizi, per acquisti a titolo di conferimento di capitale, o per il pagamento dei dividendi).
2. Non si configura un trasferimento tra soggetti diversi nel caso di prelievo e versamento in banca di denaro contante. Si tratta di operazioni possibili anche per importi pari o superiori alla soglia.
3. E’ sempre possibile il pagamento di una somma superiore ai limiti di legge purché la parte in contanti sia inferiore alla soglia dei 3.000 euro oltre la quale è obbligatorio l’utilizzo di strumenti di pagamento tracciabili.
4. Nel più ampio contesto dello svolgimento di attività commerciale e di transazioni frequenti (si pensi ad es. alla vendita all’ingrosso con acquisti anche giornalieri), si può verificare la situazione di pagamenti immediati, in contante, fino al limite di legge ed il residuo con mezzi tracciabili, cui segue fattura differita mensile, determinando una situazione nella quale il trasferimento di denaro contante sarà nei limiti di 2.999,99 euro rispetto al singolo pagamento avvenuto alla consegna della merce mentre in riferimento alla fattura differita riepilogativa del mese risulterà superiore. Tale comportamento è sanzionabile, perché il trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati. Ai fini del rispetto della normativa sulla limitazione del contante rileva il valore complessivo dell’operazione e ogni fattura rappresenta un’autonoma operazione, in relazione alla quale vanno osservate le prescrizioni di legge sul trasferimento del contante. Frazionare un pagamento riferito ad un’operazione unitaria non vale ad escludere l’illecito sanzionato, trattandosi di una condotta elusiva del divieto di legge.
5. A fronte di una prestazione professionale (ad es. trattamento ortodontico) della durata di un anno per un onorario di euro 3.600,00 è possibile, per il cliente da un lato e per il professionista d’altro, versare/ricevere in contanti singoli acconti mensili di euro 300,00 regolarmente fatturati, senza incorrere in violazione. Anche se gli importi afferiscono alla medesima prestazione ed il denaro contante complessivamente trasferito supera la soglia di legge il superamento del divieto è la conseguenza di un preventivo accordo negoziale tra le parti (ad es. pagamento rateale).
Per quanto concerne i contratti di locazione, il valore dell’operazione da prendere in considerazione come riferimento a partire dalla quale scattano gli obblighi degli adempimenti antiriciclaggio per valutare il superamento o meno della soglia dei 15.000,00 euro è quello relativo al canone complessivo contrattualmente stabilito, anche tenuto conto della durata del contratto medesimo, a prescindere dalle modalità di pagamento del canone di locazione.
Dichiarazioni tardive: la responsabilità dei commercialisti
In quali sanzioni incorre il professionista che trasmette in ritardo la dichiarazione dei redditi? Come eventualmente rimediare? In prossimità della scadenza del 31 ottobre ripercorriamo in questo articolo i profili sanzionatori in capo agli intermediari abilitati che inviano tardivamente oppure omettono l’invio delle dichiarazione dei redditi/sostituti d’imposta dei propri clienti.
In presenza di un incarico tempestivamente conferito, gli intermediari abilitati che trasmettono tardivamente le dichiarazioni sono soggetti alla sanzione pecuniaria da 516 euro a 5.164 euro (ex art. 7-bis del D.Lgs. 241/1997). La sanzione è dimezzata se la trasmissione avviene nei trenta giorni successivi la scadenza (art. 7 comma 4-bis del DLgs. 472/97). Si tratta di una sanzione propria imputabile agli intermediari abilitati a cui si aggiungono quelle che possono essere irrogate ai contribuenti per effetto della tardività o dell’omissione dichiarativa. Si ritiene applicabile l’azione di responsabilità di matrice civile da parte del contribuente nei riguardi del professionista per le sanzioni imputabili alla tardività/omissione dei modelli dichiarativi.
E’opportuno precisare i seguenti casi particolari:
– Se la dichiarazione è trasmessa da uno studio associato, la sanzione viene irrogata nei confronti del professionista iscritto all’apposito Albo che ha assunto l’incarico per la trasmissione (Circ. ADE n. 11/E/2008);
– la sanzione a carico dell’intermediario non opera se le dichiarazioni tempestivamente trasmesse, ma scartate dall’Amministrazione, vengono correttamente ritrasmesse entro 5 giorni dalla data di restituzione delle ricevute che segnalano il motivo di scarto;
– le dichiarazioni consegnate agli intermediari oltre il termine per la presentazione in via telematica sono inviate entro un mese dalla data contenuta nell’impegno di trasmissione. Non sono previste sanzioni in capo all’intermediario purché la trasmissione avvenga entro un mese dall’accettazione dell’incarico facendo riferimento alla data presente nel frontespizio;
– la trasmissione delle dichiarazioni integrative non comportano alcuna sanzione in capo all’intermediario in quanto si è fuori dall’ambito applicativo dell’art. 7-bis del del D.lgs. posto che una dichiarazione è già stata presentata.
La natura tributaria delle violazioni in oggetto rende applicabile il ravvedimento operoso, anche se le posizioni tra Agenzia delle Entrate e dottrina divergono.
Per l’Agenzia delle Entrate, l’intermediario può fruire del ravvedimento se i relativi adempimenti (dichiarazione e versamento della sanzione ridotta) vengono posti in essere entro 90 giorni dal termine di scadenza per la dichiarazione versando la sanzione di:
– euro 258,00 con riduzione a 1/10 del minimo se il ritardo non supera i 30 giorni (25,00 euro a dichiarazione tardiva);
– euro 516,00 con riduzione a 1/10 del minimo se il ritardo è compreso tra i 31 giorni e i 90 giorni (51,00 euro a dichiarazione tardiva).
Oltre i 90 giorni, secondo l’Agenzia, per il contribuente non è possibile avvalersi del ravvedimento.
Secondo l’interpretazione maggiormente plausibile, posto che le sanzioni in commento sono inquadrabili da quelle comminate dall’Agenzia, si ritiene applicabile il ravvedimento senza limitazioni temporali, con riduzione della sanzione da 1/9 del minimo a 1/5 del minimo, in quanto si ritengono applicabili anche le lettere da a-bis) a b-quater) dell’art. 13 comma 1 del DLgs. 472/97).
Si supponga, per esempio, che il commercialista provveda ad inviare tardivamente un file contenente dieci dichiarazioni dei redditi e 770 il 30 novembre prossimo. In questa ipotesi le violazioni sono dieci e applicando il cumulo materiale la sanzione da versare con codice tributo 8924 ammonta a euro 25 per ogni dichiarazione per un importo complessivo di euro 250 (dimezzamento della sanzione di euro 516 pari a euro 258, con riduzione a un decimo, quindi euro 25). La trasmissione del file con le dieci dichiarazioni oltre il 30simo giorno fino al 90simo giorno (29 gennaio 2018) comporta la sanzione per l’intermediario pari euro 510 (euro 51 per ogni dichiarazione per il numero delle dichiarazioni).
E’ il caso di tener conto che se vengono commesse diverse violazioni (trasmissione tardiva di un file contenente più dichiarazioni, così come di diversi file), per la Cassazione non ci sono dubbi sull’operatività, senza limitazioni, del cumulo giuridico di cui all’art. 12 del DLgs. 472/97 (Cass. 21 febbraio 2017 n. 4458, Cass. 24 marzo 2017 n. 7661) nonché della definizione agevolata. Secondo tale insegnamento, l’invio tardivo di cinque file contenenti cento dichiarazioni si risolve con il pagamento di una sanzione così determinata:
– aumento di un quarto della sanzione, quindi euro 516 + ¼ diventa euro 645 (cumulo giuridico);
– euro 645 moltiplicato 5 (numero dei file) diventa euro 3.225 (cumulo materiale);
– applicazione definizione agevolata che prevede la riduzione a un terzo di euro 3.225 che porta così la sanzione complessiva a euro 1.075.
Accanto all’ovvia considerazione di inviare, in caso di tardività, con un unico file quante più dichiarazioni possibili, si tenga presente che il cumulo giuridico e la continuazione non sono istituti giuridici nella disponibilità del contribuente in quanto postulano valutazioni di competenza esclusiva degli uffici.
Crediti da dichiarazione integrativa a favore con obbligo di compensazione verticale
Una delle novità più significative riguardanti il modello di dichiarazione dei redditi è costituita dalla possibilità di recuperare i maggiori crediti relativi alla presentazione di una dichiarazione integrativa a favore oltre il termine lungo dell’anno. Ecco alcune indicazioni operative sul tema.
È una novità introdotta dall’art. 5 del D.L. n. 193/2016 che regolamenta la dichiarazione integrativa a favore anche oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo. Il credito risultante è utilizzabile in compensazione per eseguire il versamento di debiti maturati a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui la dichiarazione integrativa è presentata: per esempio i crediti risultanti dalle dichiarazioni integrative ultra annuali che sono state presentate dal 24 ottobre, data di entrata in vigore del decreto, al 31 dicembre 2016 sono fruibili a partire dal 1° gennaio 2017.
Occorre tuttavia evidenziare che le istruzioni per la compilazione delle dichiarazioni impongono, senza che le disposizioni normative prevedano alcun vincolo al riguardo, di utilizzare preventivamente il credito risultante in compensazione verticale creando non pochi problemi agli operatori.
Nelle dichiarazioni dei redditi relative a tutte le tipologie di contribuenti è stato inserito il nuovo “quadro DI” che svolge l’importante funzione di segnalare l’esistenza di una dichiarazione integrativa a favore presentata oltre l’anno. Prendendo in considerazione il modello redditi persone fisiche, nel “quadro DI” vanno indicati:
– il codice tributo relativo al credito derivante dalla dichiarazione integrativa (per esempio 4001 relativamente all’iRPEF);
– l’anno relativo al modello utilizzato per la dichiarazione integrativa (ad esempio 2013 per la dichiarazione integrativa UNICO 2014);
– il credito derivante dal minor debito o dal maggior credito risultante dalla dichiarazione integrativa per i casi di integrazione di “errori contabili di competenza”;
– il credito risultante dalla dichiarazione integrativa (comprensivo di quello di cui al punto precedente) per la quota non chiesta a rimborso.
Se nel 2016 sono state presentate più dichiarazioni integrative relative a differenti periodi d’imposta occorre compilare un distinto rigo per ciascun codice tributo e relativo periodo d’imposta.
Il quadro in commento permette di creare un collegamento tra l’integrativa a favore ultrannuale e la dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale l’integrativa è stata presentata. Tuttavia, sia nelle istruzioni al quadro DI che in quelle relative al quadro RN del modello Redditi 2017, con riferimento all’eventuale saldo si dice che se è stato compilato almeno un rigo del quadro DI con il codice tributo 4001 (IRPEF) oppure 2003 (IRES), l’importo da riportare nel quadro RX deve essere preventivamente diminuito del credito indicato nel quadro DI.
Di conseguenza, nella compilazione del quadro DI, l’importo del credito evidenziato viene prioritariamente destinato a compensare l’eventuale saldo Ires/Irpef a debito del 2016 (compensazione verticale). Solo successivamente l’eventuale credito residuo diviene liberamente utilizzabile.
Ad esempio se il debito IRPEF risultante dal RN del modello redditi è pari a € 4.000 e il credito di cui al quadro DI è pari a € 3.000, nel quadro RX deve essere indicato un debito IRPEF pari a € 1.000 al netto della compensazione verticale. Stando alle istruzioni non sarebbe possibile utilizzare il predetto credito in compensazione orizzontale con altri tributi e versare in misura piena il debito risultante in sede di dichiarazione.
Si possono così verificare due situazioni:
il contribuente non ha ancora utilizzato il credito nascente dalle integrative ultra annuali: la compensazione obbligatoria dettata dalle istruzioni rappresenta la prima occasione utile per utilizzare il credito;
il contribuente ha già impiegato il credito in compensazione, ad esempio per l’Iva mensile o trimestrale del 2017 o per la prima rata Imu e Tasi del 16 giugno scorso. In questo caso, i contribuenti si ritroveranno di fronte al fatto che il programma di compilazione della dichiarazione effettua la compensazione del credito evidenziato nella quadro DI con il saldo Ires/Irpef a debito per il 2016, ancorché lo stesso sia già stato precedentemente impiegato. In questo caso il contribuente deve annullare la compensazione versando l’imposta precedentemente compensata.
Nicolò Cipriani – Centro Studi CGN