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Modello 730/2017: TFR in busta paga e cedolare secca. Le implicazioni per il bonus 80 euro

Ai contribuenti che possiedono redditi di lavoro dipendente e alcuni redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, ricorrendo determinate condizioni, è riconosciuto un credito d’imposta di 80 euro mensili pari a 960 euro annui (c.d. bonus Renzi). Ne ripercorriamo gli aspetti salienti ai fini della compilazione del modello 730.

Innanzitutto va precisato che il bonus Renzi è un beneficio spettante se:

  • l’imposta lorda afferente il lavoro dipendete risulta superiore alle relative detrazioni per lavoro dipendente;
  • il reddito non supera i 26.000 euro.

Il bonus 80 euro è un beneficio economico a regime (art. 1, co. 12-15 della L. n. 190/2014 Legge di Stabilità 2015) da riconoscere mensilmente in busta paga ai lavoratori titolari di redditi di lavoro dipendente e di alcune categorie di redditi assimilati (per esempio compensi percepiti dai lavoratori soci delle cooperative, somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio, premio o sussidio per fini di studio o addestramento professionale, redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, compensi per lavori socialmente utili in conformità a specifiche disposizioni normative).

Restano esclusi dall’aiuto economico:

  • gli incapienti (coloro che guadagnano meno 8.000 euro annui), in quanto non pagano l’Irpef grazie alle detrazioni da lavoro dipendente;
  • i pensionati;
  • i contribuenti con redditi diversi da lavoro dipendente.

L’importo del “Bonus Renzi” è fisso (960 euro annui) e viene erogato:

  • in misura piena nella fascia tra gli 8.000 e i 24.000 euro di reddito annuo;
  • in misura ridotta applicando il c.d. “meccanismo di décalage”, se il reddito si colloca tra i 24.000 euro e i 26.000 euro. La riduzione dell’aiuto si ottiene mediante l’applicazione della seguente formula: 960 x [(26.000 – reddito complessivo) /2.000].

L’agevolazione deve essere rapportata al periodo di lavoro nell’anno e:

  • sarà riconosciuto per intero (960 euro) a chi ha lavorato tutto l’anno;
  • sarà proporzionato a tale periodo per chi ha lavorato per un periodo inferiore ai 12 mesi.

L’agevolazione spetta a condizione che l’Irpef lorda calcolata sui redditi di lavoro dipendente sia superiore alle detrazioni da lavoro dipendente. È necessario precisare che non rileva la circostanza che l’imposta lorda generata dai redditi da lavoro dipendente o assimilato sia ridotta o azzerata per effetto di detrazioni diverse da quelle da lavoro dipendente. In altri termini il fatto che un lavoratore non paghi l’Irpef non è di per sé motivo di esclusione dal beneficio. Per esempio: il contribuente che dichiara 12.000 euro riceve comunque i 960 euro anche se non paga Irpef perché il coniuge e figlio a carico risultano a carico oppure gode di spese sanitarie o di recupero edilizio detraibili.

L’importo del credito viene riconosciuto dal sostituto d’imposta che provvede a certificarlo nella CU/2017. Le varie circostanze trovano spazio nella sottosezione “Credito Bonus Irpef”:

credito-bonus-irpef

Il TFR in busta paga rappresenta un importo che può indurre in errore il contribuente oppure condizionare la determinazione della spettanza del bonus 80 euro. Tuttavia, il reddito derivante dalla liquidazione del TFR in busta:

  • deve comunque essere sommato ai redditi di lavoro tassati in via ordinaria per la verifica della capienza dell’imposta lorda determinata sui redditi da lavoro rispetto alle detrazioni da lavoro spettanti. Ciò può far sorgere, in capo a soggetti prima incapienti, il diritto a percepire il bonus, fino a quel momento negato;
  • non deve essere considerato nel computo del reddito da lavoro dipendente ai fini della verifica del requisito reddituale.

Mentre ai fini della condizione di capienza l’importo della quota TFR in busta viene ricompreso nel reddito di lavoro dipendente, ai fini della verifica del requisito reddituale è di particolare importanza l’indicazione della quota TFR in busta paga nel relativo campo del modello 730/2017. Solo così l’aiuto economico viene determinato correttamente nel suo ammontare oppure viene riconosciuto in quanto ai fini della verifica del requisito reddituale e della determinazione del bonus occorre sottrarre l’importo della quota TRF in busta paga dal reddito da lavoro dipendente.

SezioneV-bonus-irpef

Il caso opposto si verifica quando il contribuente risulti titolare di redditi da fabbricati assoggettati a cedolare secca. A questo proposito si precisa che tale tipologia di reddito, pur non essendo compreso nel reddito complessivo, rileva ai fini del calcolo del bonus.

Chi presta assistenza fiscale provvederà a ricalcolare l’importo del bonus e a riconoscere solo quello effettivamente spettante, recuperando l’eventuale differenza, oppure a recuperarlo integralmente, nel caso in cui non spetti affatto. È il caso di segnalare, infine, che attraverso la compilazione del 730 è anche possibile ottenere il bonus quando il datore di lavoro non riveste la qualifica di sostituto d’imposta (per esempio datori di lavoro privati di colf, badanti, giardinieri) oppure se, per una qualsiasi ragione non l’ha riconosciuto in busta paga.

Detraibilità canoni di affitto per gli imprenditori agricoli

Nella corposa circolare n. 7/2017 del 4 aprile scorso l’Agenzia delle Entrate fornisce una serie di chiarimenti sulle disposizioni riguardanti ritenute, oneri detraibili, deducibili e crediti di imposta. In questo articolo ci soffermiamo sulla detrazione relativa ai canoni per l’affitto dei terreni agricoli condotti da giovani imprenditori agricoli.

Si tratta di una misura di favore verso il mondo dell’agricoltura introdotta a partire dal periodo d’imposta 2014 dal “decreto competitività” (D.L. 91/2014 convertito in L. n. 116/2014) che prevede un’interessante detrazione Irpef per giovani agricoltori in relazione ai terreni agricoli condotti in affitto. Il citato decreto ha inserito all’art. 16 del Tuir il comma 1-quinquies riconoscendo una nuova detrazione ai fini Irpef pari al 19% delle spese sostenute per i canoni di locazione di terreni agricoli condotti da coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nell’apposita gestione previdenziale agricola e di età inferiore a 35 anni.

L’imprenditore agricolo professionale e il coltivatore diretto sono due figure giuridiche disciplinate dall’ordinamento nei seguenti termini:

  1. È definito coltivatore direttoil piccolo imprenditore che svolge attività agricola, organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e della propria famiglia(art. 2083 c.c.) e che si dedica abitualmente alla coltivazione del fondo o all’allevamento del bestiame, sempre che la forza lavorativa totale del nucleo familiare non sia inferiore a 1/3 di quella necessaria per la corretta coltivazione del fondo stesso e per l’allevamento del bestiame”. Egli quindi si dedica direttamente ed abitualmente alla manuale coltivazione dei fondi, in qualità di proprietario, affittuario, usufruttuario, enfiteuta, e/o all’allevamento e attività connesse (artt. 1 e 2 L. 1047/57, come integrati e modificati dalla L. 9/63). La figura in esame deve esercitare l’attività per un periodo non inferiore a 104 giornate annue (art. 3 L. 9/63) facendo fronte autonomamente ad almeno un terzo del fabbisogno lavorativo annuo occorrente per la gestione dell’azienda (art. 2 L. 9/63). È bene ricordare che, qualora la lavorazione del fondo necessitasse di un numero di giornate inferiore a 104, il coltivatore non potrà usufruire della qualifica e del relativo regime previdenziale Inps.
  2. La figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP) è stata introdotta dal D.Lgs. n. 99/04 sostituendo quella dell’Imprenditore Agricolo a Titolo Principale (IATP). In particolare con l’acronimo di IAP si identifica colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole, direttamente o in qualità di socio, il 50% delle proprie ore lavorative e che ricavi dalle stesse almeno il 50% del proprio reddito globale di lavoro. Per i soggetti che operano nelle zone svantaggiate, tale percentuale è ridotta alla metà (25%). La qualifica di IAP può essere riconosciuta anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole ai sensi del D.Lgs n. 99/04.

I coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali (IAP) possono godere di una detrazione d’imposta nella misura del 19% delle spese sostenute per il pagamento dei canoni d’ affitto dei terreni agricoli entro il limite di 80 euro per ciascun ettaro preso in affitto e fino ad un importo massimo della detrazione pari a 1.200 euro annui nel rispetto delle seguenti condizioni:

  • sono iscritti nella previdenza agricola;
  • hanno età inferiore ai 35 anni;
  • hanno stipulato il contratto in forma scritta.

L’agevolazione non spetta nel caso in cui il giovane imprenditore agricolo conduca un terreno preso in affitto dai genitori.

In sede di 730/2017 il quadro di riferimento è il campo E82 denominato “detrazione affitto terreni agricoli ai giovani” sotto riportato.

 

affitto-terreni-agricoli

L’importo massimo del canone annuo da indicare è pari a 6.318,00 euro, il cui 19% risulta appunto pari a euro 1.200.

La detrazione in oggetto si qualifica come speciale in quanto nel caso in cui l’importo della detrazione per i canoni di affitto sia superiore all’imposta lorda, diminuita delle detrazioni spettanti per carichi di famiglia (art. 12 del TUIR) e spese di produzione (art. 13 del TUIR), per la quota di detrazione che non ha trovato capienza nell’imposta lorda è riconosciuto un credito d’imposta secondo le modalità definite nel DM 11.02.2008 e risulta immediatamente rimborsabile.

Per esempio: un giovane imprenditore agricolo sostiene spese per canoni di locazione di terreni condotti direttamente per un importo annuo di euro 8.000,00.  Il calcolo teorico della detrazione sarebbe pari ad euro 1.520,00 (8.000 x 19%). In tal caso il contribuente potrà portare in dichiarazione, in detrazione della propria imposta, solo l’importo massimo di euro 1.200,00 a condizione che i canoni siano riferiti ad un’estensione dei terreni di almeno 15 ettari (1.200/80). Diversamente, nel caso in cui gli ettari coltivati siano, ad esempio, solamente 10, egli potrà detrarre al massimo un importo complessivo di euro 800,00 (80 x 10).

Ai fini del controllo della documentazione è necessario verificare e procurarsi:

  1. contratto di locazione redatto in forma scritta;
  2. autocertificazione iscrizione alla gestione separata Inps ex SCAU.

Modello 730 2017: il nuovo campo F4

L’importante novità dell’integrativa a favore utilizzabile oltre l’esercizio successivo ha portato all’introduzione, nel modello 730/2017, della nuova sezione F4. Chiariamo, attraverso alcuni esempi pratici, le implicazioni di questa novità.

Si tratta di una sezione che deve essere compilata in caso di presentazione, entro il 31/12/2016, di una o più dichiarazioni integrative a favore oltre il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo a quello di riferimento della dichiarazione integrativa. Il caso si verifica quando, ad esempio, un contribuente si è accorto di aver commesso un errore relativo all’anno 2012 che determina un maggior credito e ha presentato entro lo scorso anno una dichiarazione integrativa a favore utilizzando il modello Unico 2013.

Si tratta di una novità che recepisce quanto contenuto all’art. 5 del D.L. 193/2016 che prevede:

  • l’equiparazione dei termini di presentazione delle dichiarazioni integrative quando risultano a sfavore o a favore del contribuente con la possibilità di presentarle entro i termini previsti per l’azione accertatrice dell’Amministrazione Finanziaria;
  • l’utilizzo dei crediti eventualmente tenuti a disposizione a partire dall’esercizio successivo in compensazione;
  • l’esposizione nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui è presentata la dichiarazione integrativa del credito derivante dal minor debito o dal maggiore credito risultante dalla dichiarazione integrativa.

Il nuovo rigo F4 del modello 730/2017 deve essere utilizzato dal contribuente che, nel corso del 2016, ha presentato una o più dichiarazioni integrative a favore oltre il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo a quello di riferimento della dichiarazione integrativa.

rigo-F4

La circolare n. 7 del 4/4/2017 dell’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di precisare quanto segue:

  • Gli eventuali importi indicati nel rigo F4 devono quindi risultare dalla dichiarazione integrativa a favore ultrannuale presentata nel 2016 e relativa ai periodi di imposta 2011, 2012, 2013 e 2014.
  • Se nel corso del 2016 sono state presentate più dichiarazioni integrative a favore dovranno essere compilati distinti righi per ciascun periodo d’imposta.
  • L’eccedenza a credito risultante dalla dichiarazione integrativa concorre alla liquidazione della corrispondente imposta, a debito o a credito, risultante dal modello 730/2017 – redditi 2016.

Per esempio, da un punto di vista operativo, con riferimento all’Irpef, per la dichiarazione integrativa relativa al periodo d’imposta 2014 l’importo indicato nella

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colonna 1 del rigo F4 deve coincidere con l’importo di colonna 4 del rigo RX 1 del modello Unico PF 2015. Le modalità di rilevazione delle eccedenze di addizionale regionale e/o comunale, della cedolare secca o dell’imposta sostitutiva da indicare nello stesso rigo sono analoghe a quelle descritte per l’Irpef.

In sede di elaborazione del modello 730/2017, ai fini del riscontro documentale, occorre conservare la seguente documentazione:

  • precedenti dichiarazioni presentate nei termini e dichiarazioni integrative a favore presentate entro il quarto anno successivo oltre che le relative ricevute di trasmissione telematica;
  • CU 2017 o dichiarazione del sostituto che attesti di non aver effettuato il conguaglio;
  • comunicazione dell’Agenzia delle Entrate;
  • modello F24 in caso di compensazioni.

La circolare non tratta il caso delle cosiddette integrative “a cascata”. È il caso del contribuente che, per esempio, rileva un errore nel calcolo delle imposte 2013 e presenta l’integrativa (Unico 2014) per quell’anno. Poi riporta quel credito nell’integrativa dell’anno successivo (Unico 2015) e poi ancora nell’integrativa dell’anno successivo ancora (Unico 2016), ottenendo così, a parere di chi scrive, un continuum che gli consentirebbe di fruire sin da subito di quel credito senza aspettare l’esercizio successivo.